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% Roberto Reale - Discorso per la tesi di laurea in matematica %
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% versione finale completata il : 27 ottobre 2009
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\DeclareMathOperator{\diam}{diam}
\newcommand{\qo}[1]{\ensuremath{#1\text{-q.o.}}}
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\title{Una introduzione alla teoria geometrica della misura}
\author{prof.~Nicola FUSCO, relatore \and Roberto REALE, candidato}
\begin{document}
\maketitle
In questa tesi introduciamo i concetti fondamentali della teoria geometrica della misura: una disciplina che da un lato rappresenta una fonte di problemi interessanti di per sé, come ad esempio quelli che riguardano le superfici minime, e dall'altro è uno degli strumenti più potenti di cui disponga oggi l'analisi matematica. Le applicazioni infatti vanno dal calcolo delle variazioni alla teoria delle equazioni alle derivate parziali.
Il lavoro si apre con alcuni richiami di teoria astratta della misura. L'approccio che seguiamo è quello, dovuto a Caratheodory, di partire dalla nozione più generale di misura esterna, e da questa ottenere poi, per restrizione alla $\sigma$-algebra degli insiemi misurabili, le misure nell'accezione comune del termine.
Tra le misure definite su uno spazio topologico $X$ e ``compatibili'' con la topologia di $X$, concentriamo la nostra attenzione su una classe dotata di buone proprietà di ``regolarità'' e ``locale finitezza'', ossia la classe delle misure di Radon su spazi euclidei; ad essa appartiene ad esempio la misura di Lebesgue $n$-dimensionale $\Leb^n$. In particolare, studiamo la possibilità di ``approssimare'' un insieme per mezzo di aperti e di compatti ed una funzione misurabile con una continua (teorema di Lusin); introdotto poi l'integrale di Lebesgue, enunciamo e dimostriamo i classici teoremi di passaggio al limite.
Tra i risultati più cospicui di tutta l'analisi trova certamente posto il teorema di Fubini, il quale garantisce la possibilità di scrivere l'integrale di una funzione $f$ rispetto alla ``misura prodotto'' $\mu\times\nu$ come ``integrale iterato'' di $f$ rispetto ai singoli ``fattori'' $\mu$ e $\nu$. Per l'importanza che riveste, abbiamo scelto di enunciare e dimostrare il teorema di Fubini in una forma estremamente generale.
Alle misure di Radon su $\RR^n$ sarà possibile estendere molte delle definizioni e dei teoremi del ``calcolo differenziale e integrale'' classico; nelle dimostrazioni di tali risultati sorge però frequentemente la necessità, dati un insieme $A$ ed un suo ricoprimento $\FF$, di estrarre da $\FF$ un ricoprimento numerabile di $A$.
Che ciò sia possibile, sotto ipotesi molto generali, ce lo garantiscono due teoremi, detti appunto ``di ricoprimento''. Il primo, dovuto a Vitali e più semplice da dimostrare, è però applicabile alla sola misura di Lebesgue; il secondo invece, dovuto a Besicovitch, ha un'applicabilità ben più ampia e si rivelerà uno strumento indispensabile per poter trattare misure di Radon arbitrarie. La dimostrazione del teorema di Besicovitch, ben più difficile di quella del teorema di Vitali, occupa una porzione sostanziale del secondo capitolo della tesi.
Introdotta dunque la nozione di derivata di una misura di Radon rispetto ad un'altra, dimostriamo, sfruttando i teoremi di ricoprimento, i risultati fondamentali del calcolo differenziale e integrale per le misure di Radon su spazi euclidei: il teorema di Radon-Nikodym o ``teorema fondamentale del calcolo'' (l'integrale come operazione inversa della derivata), il teorema di decomposizione di Lebesgue (date due misure di Radon $\mu$ e $\nu$ su $\RR^n$, $\nu$ può scriversi, in unico modo, come somma di una parte assolutamente continua e di una parte singolare rispetto a $\mu$), e soprattutto il teorema di Lebesgue-Besicovitch; quest'ultimo ci garantisce che, data una funzione localmente sommabile $f$, la media di $f$ su una palla centrata in $x$ tende a $f(x)$ al tendere a zero del raggio, per $\qogni{x \in \RR^n}{\mu}$.
L'approccio di Caratheodory si rivela particolarmente proficuo nel momento in cui passiamo a definire una classe di misure ``a bassa dimensione'' su $\RR^n$, introducendole come misure esterne: le misure di Hausdorff. Fissati dunque un $0 \le s < \infty$ ed un $0 < \delta \le \infty$, possiamo ricoprire un arbitrario insieme $A \subset \RR^n$ con una successione $\{C_j\}_{j=1}^\infty \subset \RR^n$ di insiemi di diametro $\le \delta$, assegnare a ciascun $C_j$ un volume $\alpha(s)\left(\frac{\diam C_j}{2}\right)^s$ (come se $C_j$ fosse una palla ``$s$-dimensionale''), e calcolare la somma dei volumi di tutti gli insiemi $C_j$. L'estremo inferiore di tali somme non è ancora la misura di Hausdorff $s$-dimensionale di $A$, ma ne rappresenta un'approssimazione o ``premisura''. Facendo tendere $\delta$, o ciò che è lo stesso, l'estremo superiore dei diametri dei $C_j$, a zero, costringiamo il ricoprimento a ``seguire la geometria locale'' dell'insieme $A$; otteniamo in tal modo la misura di Hausdorff $s$-dimensionale $\Haus^s(A)$ di $A$. Non è difficile a questo punto dimostrare che $\Haus^s$ è addirittura una misura Borel regolare su $\RR^n$, ma non una misura di Radon se $s < n$.
È facile rendersi conto che la misura $\Haus^s$ è una funzione decrescente della dimensione $s$; pertanto, eccezion fatta per i casi banali, dato un insieme $A \subset \RR^n$ esisterà un $s \ge 0$ tale che la misura di Hausdorff $t$-dimensionale di $A$ sia nulla per $t > s$ e strettamente positiva per $t < s$. Ha allora senso chiamare $s$ la dimensione di Hausdorff di $A$: tale nozione generalizza quella ordinaria di dimensione di uno spazio euclideo ed è inoltre adeguata a descrivere oggetti ``frattali''. Infatti, mentre da un lato la dimensione di Hausdorff coincide con quella dello spazio ambiente su insiemi particolarmente ``regolari'', è facile dall'altro esibire esempi di insiemi che hanno dimensione di Hausdorff non intera, addirittura irrazionale; è il caso dell'insieme di Cantor, che ha dimensione $\log2/\log3$, e del triangolo di Sierpi\'{n}ski (dimensione uguale a $\log3/\log2$).
Una costruzione che trova applicazione in varie questioni di teoria geometrica della misura, e che sarà utile anche a noi, è la simmetrizzazione di Steiner $S_a(A)$ di un insieme $A \subset \RR^n$ rispetto ad un iperpiano $P_a$, definita univocamente dalla condizione che segue: se $L_b^a$ è una qualsiasi retta perpendicolare a $P_a$, o $L_b^a$ non ha punti in comune né con $A$ né con il suo simmetrizzato $S_a(A)$, oppure $L_b^a$ incontra sia $A$ che il simmetrizzato $S_a(A)$ di $A$, e l'intersezione di $L_b^a$ e di $S_a(A)$ è il segmento di $L_b^a$ avente il punto medio su $P_a$ e ``lunghezza'' pari a quella di $A \cap L_b^a$. È facile mostrare che la simmetrizzazione di Steiner preserva il volume e non incrementa il diametro.
Sfruttando la nozione geometrica di simmetrizzazione di Steiner riusciamo a dimostrare rigorosamente la classica disuguaglianza isodiametrica: fissato il diametro, l'insieme di misura di Lebesgue $n$-dimensionale massima è la palla. A sua volta, la disuguaglianza isodiametrica interviene nella dimostrazione del fatto --- intuitivo ma non banale da provare --- che le misure $n$-dimensionali di Lebesgue e di Hausdorff coincidono su $\RR^n$.
In modo naturale, le misure di Hausdorff intervengono nello studio delle proprietà ``fini'' di funzioni reali. Nel primo di due esempi, relativamente elementari, vediamo che il grafico di una funzione Lipschitz $f : \RR^n \rightarrow \RR^m$ su un insieme $A \subset \RR^n$ avente misura di Lebesgue strettamente positiva ha dimensione di Hausdorff $n$ (come ci aspettavamo); nel secondo, che l'insieme dove una funzione localmente sommabile ha, sostanzialmente, densità $s$-dimensionale strettamente positiva, è trascurabile, nel senso della misura di Hausdorff $\Haus^s$.
Veniamo ora a due risultati di importanza centrale in analisi: le formule di area e di coarea. Esse coinvolgono misura di Lebesgue, misure di Hausdorff e funzioni Lipschitz. Prima però dobbiamo definire lo jacobiano di un generico operatore lineare $L$ tra gli spazi euclidei $\RR^n$ e $\RR^m$ (con $n \ne m$ in generale), e lo facciamo sfruttando la possibilità di decomporre $L$ nel prodotto di due operatori, di cui uno simmetrico $S$ (``decomposizione polare''); lo jacobiano di $L$ altro non sarà allora che il determinante di $S$. Il teorema di Rademacher ci assicura che una funzione Lipschitz $f : \RR^n \rightarrow \RR^m$ è differenziabile $\qo{\Leb^n}$; possiamo allora definire lo jacobiano $Jf$ di $f$ come lo jacobiano di $Df(x)$, che esiste ed è un operatore lineare per $\qogni{x \in \RR^n}{\Leb^n}$.
Nella formula dell'area passiamo dalla dimensione più bassa a quella più alta; essa afferma che, dati un insieme $\Leb^n$-misurabile $A \subset \RR^n$ e una funzione Lipschitz $f : \RR^n \rightarrow \RR^m$, la misura $n$-dimensionale dell'immagine di $A$ mediante $f$, ``pesata'' con la molteplicità (primo membro) è uguale all'integrale della molteplicità stessa.
Dalla formula dell'area si deduce facilmente, mediante la rappresentazione di una funzione sommabile $g$ come somma di una serie di funzioni caratteristiche ``pesate'' e l'uso del teorema della convergenza monotona, una formula di cambiamento di variabili che generalizza quella nota elementarmente per le funzioni continue.
Ancora come esempi di applicazioni della formula dell'area possiamo dedurre alcuni corollari che generalizzano al caso di funzioni Lipschitz le formule classiche della geometria delle curve e delle superfici.
Nella formula di coarea invece passiamo dalla dimensione più alta a quella più bassa. Essa rappresenta una sorta di generalizzazione ``curvilinea'' del teorema di Fubini ed afferma che per misurare un insieme $\Leb^n$-misurabile $A \subset \RR^n$ basta integrare la misura di Hausdorff $(n-m)$-dimensionale della controimmagine di $A$ mediante una qualunque funzione Lipschitz $f : \RR^n \rightarrow \RR^m$, modulo il ``fattore di coarea'' rappresentato dallo jacobiano di $f$.
Come accade per la formula dell'area, anche dalla formula di coarea è possibile dedurre senza difficoltà alcuni corollari che generalizzano risultati noti classicamente, tra cui le formule per il cambiamento di variabili e per il passaggio in coordinate polari. Per concludere, applichiamo queste ultime, insieme al teorema di Fubini, ad un problema elementare: il calcolo del volume di una palla in $\RR^n$.
\end{document}